Romolo, il Palatino e lo spettacolo di Roma

Romolo, il Palatino e lo spettacolo di Roma

Oggi vorrei salire sul colle  Palatino. Mi lascio trasportare dall’evocazione della leggenda. Lassù i resti del primo villaggio. Difficile per l’occhio distratto riconoscere i resti delle famose capanne. Istintivamente cerchiamo con gli occhi qualcosa di tangibile. Invece non c’è niente di simile ai resti di un edificio. Erano capanne. Sono rimasti solo buchi di palo e solchi. È divertente raccontare ai bambini come è fatta una capanna, e l’importanza di quella canaletta…come fosse una tenda da montare in un campeggio. E però quelle tracce di vita così antiche ci disorientano. E poi la leggenda. È così radicata alle volte la leggenda nella nostra memoria, nelle nostre sensazioni, che non riusciamo quasi a prescindere da essa. Qui la leggenda diventa storia e la storia leggenda. Districarsi è complicato e forse non voglio farlo. Il mio Romolo ha un volto, quello che ha immaginato il Cavalier d’Arpino nella sala degli Orazi e Curiazi nel Palazzo del Conservatori. Mi viene in mente quel giovanotto alle prese col solco e l’aratro.

E poi mi piace immaginare la vista dal Palatino. Cosa vedeva Romolo affacciandosi dalla sua capanna? Il fiume, l’isola. Niente altro.

Mi sono sentita soddisfatta quando ho pensato che si! Ma certo! L’isola. C’è anche al centro di Parigi o di Berlino. È una specie di ritornello. Ma non è scontato. Aver letto mille volte la storia di Roma, non vale la vista da qui. Da qui non si studia. Da qui si capisce la storia. Ci si sta dentro. Chiunque avesse costruito per primo un villaggio qui sarebbe stato “Romolo”, fondatore di qualcosa di grande.

Dire ai turisti assetati di storie che Romolo è un personaggio della leggenda è sempre imbarazzante. Mi guardano come pensando che allora i libri, la scuola, i professori…ma perché ce lo fanno studiare? A volta presi dallo sconforto alcuni ingenuamente chiedono “ma almeno i sette colli sono veri?”
Allora è meglio comunque parlare di “un fondatore” così la delusione è minore. Ma se per noi Romolo è ancora così importante e carico di significati, cosa doveva essere per i romani? Per Augusto, princeps, fondatore di una nuova Roma e di una nuova età dell’oro, Romolo era un personaggio, un’ idea dalla quale non si poteva prescindere. E allora li, vicino a quelle capanne, lui, il primo imperatore romano, fece costruire la propria casa. In un gioco di simboli e richiami alle origini e tradizioni che saranno la fortuna dell’età augustea.

Oggi dalle terrazze del Palatino il fiume non si vede più, nascosto dagli edifici e dai platani e dal Lungotevere. Ma si gode nel vero senso del termine di una splendida vista.

Bisogna salire attraverso il Ninfeo Farnesiano, passare nel labirinto di siepi del giardino all’italiana, accanto alla tomba a forma di ara di Giacomo Boni, il primo archeologo a scavare qui. E poi ha inizio lo spettacolo di Roma da ogni parte. Un’esperienza da non perdere. Dove perdersi. La sensazione di essere appesi alla storia, alla grandezza, forse semplicemente l’appagante sensazione di capire il concetto di caput mundi!

Federica Carpinelli

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